Tipologia e qualificazione: chiesa parrocchiale
Denominazione: Chiesa dei Santi Giovanni Apostolo ed Ermolao Martire Calci

Altre denominazioni: Ss. Giovanni ap. e Ermolao m.


Notizie storiche

Tra il 1088 e il 1098, il Vescovo di Pisa Daiberto fondò la Pieve di Calci sul luogo dove sorgeva l'antica cappella di Santa Maria ad Curtem, di proprietà arcivescovile. La nuova chiesa fu dotata di casa dei preti, chiostro, campanile ospedale e cimitero, e circondata da orti e vigne.
Descrizione     La Pieve, intitolata ai santi Giovanni ed Ermolao, sorge nel cuore del centro abitato di Calci. La chiesa si affaccia su via della Propositura, che prosegue fianchieggiando il lato sinistro dell'edificio. Il fianco destro, invece, risulta circondato da abitazioni private, mentre la zona absidale si estende su Piazza Cairoli. All’originario corpo di fabbrica romanico si sono aggiunti e sovrapposti nel tempo elementi architettonici di diverse epoche: la facciata a salienti, seppur rimaneggiata, è la parte architettonica che preserva in maniera più integra la configurazione originale della pieve. Realizzato con un impianto asimmetrico a doppio spiovente, il prospetto risulta suddiviso in due ordini, separati da due cornici marcapiano in pietra nera di Asciano, e ricalca la doppia articolazione dei volumi interni, quello della navata centrale e quello delle navate laterali. L'ordine inferiore è caratterizzato da undici arcatelle pensili di dimensioni variabili, sorrette da sette lesene e decorate da elementi a losanga. Al centro e presso i lati si aprono il portale principale, sormontato da un'ampia lunetta e i due portoni secondari. L'ordine superiore è scandito da tre archi a tutto sesto ed ospita al centro una bifora tamponata. Conclude la facciata il frontone triangolare, che risulta scandito da quattro colonnine in marmo e presenta un oculo centrale tamponato. La parte tergale dell'edificio è caratterizzato da un abside semicircolare, frutto di una ricostruzione della metà del XIX secolo. Numerosi frammenti lapidei, scolpiti o incisi, sono stati reimpiegati ed inseriti nel paramento murario della chiesa. Sul fianco sinistro si erge il massiccio campanile a pianta quadrangolare. Rimasta incompiuta, la torre risulta suddivisa in due ordini, quello inferiore costituito da blocchi di pietra squadrata provenienti dalle vicine cave, e quello superiore da laterizi. Il primo ordine è dotato di grandi pilastri angolari e tre lesene per lato a sostegno della decorazione ad archetti pensili. Il secondo accoglie la cella campanaria priva di copertura, caratterizzata da quattro aperture a bifora. Sul lato orientale della torre, inserito in parete, è inserito un elemento scultoreo di spoglio che è stato ricondotto dalla critica alla raffigurazione della testa di Giove Ammone. Internamente la pieve è caratterizzata da un impianto basilicale, costituito da tre navate, dotato di transetto e concluso da abside semicircolare. Le navate sono scandite da due file di cinque colonne in granito ciascuna, sormontate da capitelli di recupero a sostegno delle arcate a tutto sesto, ed accolgono tre cappelle laterali, due a destra ed una a sinistra. L'area presbiteriale termina con un abside semicircolare, al centro del quale si apre un'ampia finestra rettangolare. All'estremità del braccio sinistro del transetto, una porta immette in una stanza utilizzata come deposito, mentre dal braccio destro, a sinistra dell'ingresso laterale, si accede alla sacrestia.

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Maria Luisa Ceccarelli Lemut - Stefano Sodi Il sistema pievano nella diocesi di Pisa dall'età carolingia all'inizio del XIII secolo

La nuova pieve di S. Maria di Calci, ricavata dal piviere di Caprona, nacque sul finire dell'XI secolo. Le sue origini sono riferite da un atto del 26 gennaio 1174, nel quale i preti Antonio e Rustico, canonici della pieve, riconoscevano il patronato dell'arcivescovo di Pisa, poiché la chiesa battesimale era stata eretta su terreno di proprietà arcivescovile, là dove era esistita una cappella di S. Maria detta ad curtem, dove i vescovi tenevano la curia (il  tribunale  signorile).  Dagli  arcivescovi come  patroni la  pieve aveva ricevuto il molino, l'oliveto, le vigne e molti appezzamenti di terra. I terreni  su cui sorgevano il chiostro dei canonici, parte dell'edificio ecclesiastico, il campanile, l'ospedale e il cimitero, erano stati detenuti da alcune persone, dalle quali l'arcivescovo Daiberto li riscattò  per  donarli  alla  pieve. Il presule, in qualità di patrono, istituiva i pievani e sceglieva i chierici. Da questo racconto sembra dunque che il fondatore della pieve di Calci sia stato Daiberto, che resse la sede pisana dal 1088 ma lasciò la città nell'autunno 1098 alla testa della flotta che partecipò alla I Crociata. A Calci gli arcivescovi possedevano molte proprietà ed un castello  (abitazione fortificata),  detto  appunto  del  vescovo, dove soggiornavano frequentemente: questi rapporti privilegiati spiegano a sufficienza la fondazione della nuova pieve e la nomina di pievani scelti tra i canonici della  cattedrale cittadina. Tra questi il più celebre è senz'altro quell'Enrico che con il vescovo Pietro partecipò all'impresa pisana degli anni 1113-1115 contro i Musulmani delle Isole Baleari e ne fece una  letterariamente pregevole narrazione in esametri virgiliani nel Liber Maiorichinus de gestis Pisanorum llustribus. Il medesimo vescovo Pietro nell'anno pisano 1111  (25  marzo 1110-24 marzo 1111),  come recita un'epigrafe ancora esistente sul pilastro a destra dell'altar maggiore, trasferì nella pieve le reliquie di S. Ermolao, prete e martire di Nicomedia, provenienti dalla chiesa dei Ss. Ciro e Giovanni di Costantinopoli, al quale nel corso del Quattrocento fu dedicato l'edificio. Il piviere, non molto vasto, oltre alla valle di Calci si estendeva ad Occidente a comprendere Agnano con la chiesa di  S. Frediano. Nella parte settentrionale della vallata sorgevano le chiese di S. Maria di Culminessa, nota dal 10 settembre 1082, di S. Bartolomeo di Tracolle (poi trasformato in Treccolli), ancora esistente nel suo aspetto romanico, e di S. Michele di Calci, in  seguito di Castelmaggiore, menzionato nella dotazione, interpolata, del monastero di S.Savino presso Pis il 30 aprile 780, ma sicuramente esistente il 6 maggio 1023. La chiesa appartenne al monastero di S. Savino fino al 18 gennaio 1137, allorché l'abate Martino la cedette in permuta all'arcivescovo Uberto. Non lontano  sorgevano S. Lucia di Casale e S. Donato di Tralama, attestato dal 28 novembre 1082. Più in basso si trovavano S. Andrea, ancora esistente, detta di Zambra il 12 aprile 1061 e di Lama dal 17 novembre 1165, S. Salvatore di Colle, ancora esistente, testimoniata dal 6 gennaio 1241, e S. Maria, nell'area dell'attuale villa Cardella, localizzata il 6 maggio 1023 presso la Via Cava e  detta di Vuillerada dall'11 settembre dello stesso anno. A Sud della pieve il primo edificio ecclesiastico era S. Vito, attestato dal12 novembre 964. A Sud Est della pieve, a Montemagno, sono ricordate tre chiese: S. Gregorio, menzionato soltanto nella dotazione, interpolata, del monastero di S. Savino presso Pisa il 30 aprile 780, S. Maria, attestata il 30 settembre 1179, e S. Martino, ancora esistente; tra Montemagno e Rezzano è la chiesa di S. Lorenzo al Sasso, menzionata dal 20 luglio 1176, che dà il nome alla località. A Sud Ovest della pieve, a Vicascio, sorgevano S. Pietro, nota dal 13 aprile 1046 e S. Stefano, menzionata dal 18 luglio 1171 e detta de Camporisil 14 marzo 1195. Non più localizzabili sono invece S. Andrea di Campo e S. Pietro di Cerbari.