Il pino laricio dei monti pisani
Nel secolo scorso il Monte Pisano fu oggetto di indagini naturalistiche parte di studiosi Pisani (Savi 1798) e Lucchesi (Puccinelli 1841), mentre a partire dai primi del 1900 è stato praticamente ignorato dalla scienza.
Questo siato di cose è stato, ed è tuttora in parte, piuttosto grave se si pensa che la Toscana ospita ben tre Università, nonché numerose Associazioni ed Enti culturali e scientifici.
Fortunatamente da qualche anno il comprensorio dei Monti Pisani sembra aver nuovamente suscitalo quel' interesse che per tanto tempo era venuto a mancare, e la cui assenza aveva causato una grave lacuna nella conoscenza di tale territorio.
E' toccato alla parte geologica il privilegio di essere la prima disciplina ripresa e sufficientemente trattata ed approfondita (Rau e Tongiorgi 1974), mentre restano ancora molto lacunose le parti faunistica e floristica, nonostante studi siano stati avviati da alcuni ricercatori.
E appunto nel quadro della conoscenza delle risorse botaniche che del Monte Pisano, che si inserisce il ritrovamento di una stazione isolata di Pino laricio (Pinus migra subsp. larici Poir.) avvenuta nel mese di marzo del 1976.
Il ritrovamento fu conseguenza di notizie rinvenute letteratura. Il botanico Gaetano Savi nel 1798 aveva trovalo nei Monti Pisani, tra i paesi di Calci e Buti, un pino che classificò come Pinnus resinosa.
Successivamente lo stesso Autore in un lavoro posteriore scrive: "Ho veduto uno strobilo di Pinus resinosa venuto da Parigi, ed ho conosciuto essere affatto simile a quelli di quel pino che io nella Flora Pisana, descrissi come Pinus resinosa"
Basandosi su queste affermazioni Biagio Longo, Direttore del R. Orto Botanico di Pisa, ( 1904) concluse che il Pinus resinosa del Savi dovesse essere ritento al Pinus larici Poir., od anche al Pmus nigricans Host., oppure propose il dubbio che potesse trattarsi di un ibrido.                                     .      ,
Successivamente sempre Longo (1920) ritrovò, guidato da un boscaiolo, questi pini presso Buti, "verso l'estremità superiore di una profonda e fresca valle percorsa da un ruscello."
Questi alberi sono ancor oggi chiamati dai locali col nome volgare di "alici".
Il longo venne pertanto alla conclusione che il Pinus resinosa del Savi fosse infine da identificarsi con Pinus Laricio Poir., sostenendo innoltre che tale pino dovesse un tempo essere diffuso nel' Italia centrale in località ove ora è scomparso.
Lo stesso Autore parlando con alcuni contadini del luogo, venne a sapere che questi pini in passato erano molto più diffusi nella zona, e che parecchi tra i più belli e sviluppati erano stati abbattuti durante la guerra, oltre che nella estate del 1920, ma soprattutto ricevette assicurazione che gli "alici" erano altrettanto selvatici, quanto gli altri pini. (Agostini 1968).
 
Sulla base di queste indicazioni ci siamo recati nella zona citata dal Longo nel mese di marzo del 1976, ed ivi abbiamo ritrovato tre esemplari di Pinus lancio.
In seguito al ritrovamento dei primi tre, ne sono stati rintracciati altri, nel fitto di una pineta di pino marittimo (Pinus pinastre Ait.), ma di dimensioni più piccole.
 
 
Pino Laricio
Fig. 1
 
 
 
La figura n. 1 mostra che la distribuzione attuale del pino nero, del quale secondo alcuni autori il pino laricio è piccola specie, in Italia e territori limitrofi è caratterizzata da una spiccata discontinuità nei popolamenti naturali. Questo fatto è tenuto nel dovuto conto anche nella sistematica più recente (Fukarek 1958), che divide la grande specie Pinus nigra in quattro piccole specie:
1) Pinus clusina, che comprende le sottospecie (tbenensis, hispanica e mauretanica,
2) Pinus laricio, che comprende le sottospecie corsicana e calabrica
3) Pmus nigricans, che comprende le sottospecie austriaca, illyrica, dalmatica, pindica, italica,
4) Pinus pallasiana, che comprende le sottospecie banatica, tatarica, caramanica, fenzlii.
 
Il popolamento còrso è compreso nell'ambito di bonus larici, ma esso viene distinto genericamente da quello calabrese per alcuni caratteri: maggior resistenza agli attacchi dei roditori, elevati contenuti di limonene, tracce di delta-3-carene e terpinolene, a differenza del pino larici Calabria che contiene soltanto l' Alfa pinene. (Arbez e altri 1974).
L'osservazione al microscopio di alcuni caratteri morfologici delle foglie e il confronto con aghi. di provenienza calabrese, corsa e francese ha dimostrato che il pino larici dei Monti Pisani presenta affinità con gli individuidi Còrsica e di Francia.
Se tali indicazioni dovessero venire confermate da più approfonditi studi, attualmente in corso, soprattutto di carattere biologico, saremmo di fronte ad una entità nuova per l' Italia e si aprirebbe un interessante capitolo circa l'origine di questo pino.
L' origine naturale sarebbe certa se risultassero caratteri differenziali non solo nei confronti del pino laricio di Calabria e di Sicilia, ma anche con quelli  di Còrsica; mentre se tali differenze non emergessero sarebbe solo probabile.
 
Di certo sappiamo infatti dal Savi che nel 1798 il pino e'era, ed era maggiormente diffuso sui Monti Pisani di quando non lo sia attualmente. Questo comporta l'escussione dell'ipotesi di un relativamente recente rimboschimento, ma non esclude che possa trattarsi di una introduzione antica. I possedimenti che Pisa, Repubblica marinara aveva in Corsica e l'esistenza nell'isola della
pianta in questione il cui legname era, ed è tuttora, tradizionalmente impiegato per costruzioni navali, possono aver indotto le genti pisane a tentare l'introduzione di quel pino in luoghi più prossimi alle necessità cantieristiche della Repubblica.
 
Infine esiste una terza possibilità. QuelLa che pur trattandosi di una unica entità tra pino còrso e pino dei Monti Pisani, la stazione toscana sia naturale relitto di più vasti popolamenti un tempo collegati "in qualche modo" con l'attuale contingente còrso
Questi sono, ovviamente, solo suggestivi interrogativi ai quali potrà dare risposta solo una accurata ricerca sulle varie provenienze di pino laricio. Indipendentemente dai fatti che spiegheranno i ondine di questo pino, il suo ritrovamento sul Monte Pisano, ha un notevole valore pratico in quanto dimostra come il pino larici possa essere tranquillamente impiegato in zone al di fuori del suo reale, erroneamente considerato tradizionale
 
Romano Geluni
Stefano Cavalli
 
 
 

BIBLIOGRAFIA
AGOSTINI R. (1968 - Revisione dell'areale italiano del Pino marittimo, (Pinus pinaster Aiton) - Arch. Boi. e Biog. It. (XLIV), 4 serie, XII. Fasc. IV: 184-202.
ARBEZ M., DAGAN C.B., FILLON C. (1974) - Variabilitè intraspecifique des monoterpens de Pinus nigra Arn., bilan des premieres resultats Ann. Sci. Forest., 31 (1). 57-70
CAPUTO G., LA VALVA V., MORALDO B. (1976) - Pinus nigra Arn. nel gruppo del Cervialto (Monti Picentini, Appennino campano), Delpinoa. n.s. 18.
GELLiNI R. (1968) - Posizione sistematica del pino nero di Villetta Barrea in base ai caratteri anatomici degli aghi. Acc. It. Sc. For., Annali, vol. XVII: 101-122
LONGO B. (1904) - intorno ad alcune conifere italiane - Ann. Bot.. 1; 323-333
LONGO B. (1920) - Sopra un pino del Monte Pisano, Ann. Bot.. XV; 59-61
PUCCINELLI B. (1841) - Synopsis, plantarum in agro lucensi sponte nascentium. Lucae 531 pp.
RAU A., TONGIORGI M. (1974) - Geologia dei Monti Pisani a Sud-Este della valle del Guappero. Mem. Soc. Geologica It., voi XIII fasc. 3: 227-495.
SAVI G. (1798) - Flora Pisana, II: 354.