Sogete di Vicascio
 
il bagnetto di vicascio; Storia di un luogo e della sua importanza termale
Mi è stato chiesto di fare un articolo su qualcosa di inedito riguardante Calci ed il suo territorio. Volevo trascrivere da un manoscritto del 1779 le strade comunitative della comunità di Pisa nella parte riguardante il nostro paese; la prima strada che incontriamo infatti è quella che comincia dal ponte sulla Vicinaia e termina a Tre Colli nella via di Fienilaccio, ma subito l’articolo, che non doveva essere molto lungo, si è completato quando ho cominciato a trovar notizie sulla località il «Bagnetto di Vicascio». C'erano tante cose interessanti da dire su questo antico sito che ho dovuto ridimensionare l'articolo e pubblicare in altra occasione tutta la documentazione incontrata, in special modo le antiche mappe catastali e i cabrei che interessano la zona in oggetto.
 
Così nello stradario settecentesco è descritto il tratto di strada che dalla Gabella porta al Bagnetto: «Essa principia dal ponticello della Tana (1), che cavalca il vallino di Val di Vico. Questo ponticello è largo nel suo passeggio braccia 6,5 la sua luce è braccia 3,5 le sue spallette grosse 0,5 di braccia e sono lunghe braccia 6,5. Esso dirige la strada verso tramontana, larga braccia 9,5. Dopo pertiche (2) 42 incontra alla destra la Tana, luogo cavernoso fra i massi del monte soprastante, ordinario ricovero dei vagabondi zingari. Con pertiche 148 alla sinistra trova una lagonetta di acqua minerale limpidissima che perennemente scaturisce gorgogliando dal fondo di due massi e si chiama volgarmente il Bagnetto di Vicascio. Esso è capace di sei persone ed è molto frequentato nei tempi estivi essendo la di lui acqua ottima alla guarigione dei mali cutanei. Finalmente dopo pertiche 27 alla destra havvi un piccol concavo nella falda del monte/ che esalando un'aria mefitica uccide chi lo frequenta senza le debite cautele, come suole avvenire di sovente ai Volatili. E di contro a questa alla sinistra della strada si ha l'accennato termine divisorio fra la comunità di Pisa e quella dei Bagni».
 
Oggi questo «Bagnetto», del quale ne tracceremo la storia, avendo le sue acque salutari interessato insigni medici e chimici, non reca alcuna vestigia delle sue antiche virtù. Le uniche tracce che ricordino questo luogo è una grande vasca quadrata fatta di muro in pietra e mattoni, recante al centro un grosso anello circolare in cemento con diametro di circa tre metri. Anche questa polla ha risentito della siccità che ha fatto abbassare tutte le falde acquifere della zona. Già in epoca romana questo bagno, insieme a quelli di S. Giuliano ebbe citazioni in Strabene ed in PIinio il Vecchio, ma il primo e più insigne personaggio che tessé le lodi di questa nostra località per le doti delle sue acque terapeutiche, avendole personalmente sperimentate, come lui dirà nella descrizione, fu il celebre medico toscano Ugolino da Montecatini. Egli nacque a Montecatini nel 1345 e morì a Firenze nel 1425, dopo aver insegnato nell'Università di Pisa, Perugia e Firenze.
La sua tomba, di grande valore artistico, che denota l'importanza del personaggio, si trova nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. A lui si deve uno dei più antichi trattati di Balneoterapia intitolato: «// de Balneorum Italiae proprietatibus ac virtutibus», pubblicato postumo nel 1553. Scrive egli infatti riferendosi a questo nostro «Bagnetto», in un latino facilmente comprensibile perché farcito di parole appartenenti al volgare italiano: «Ff Balneum illud frigidissimum, de quo feci superius mentionem, in loco satis palustri, nec habet fìguram balnei, nullis muris circumseptum est, nec mineram habet ullam. Collega meus physicus insignis joannes gittolebrutia pisanus mecum convenibat aquam ìstam, ut ex frigiditatis vehementia opinabitur esse marmoream, curri finitima sit montibus ex quibus marmora extrahuntur. Nec est in usu nisi mulieribus dumtaxat sterilibus, quae ingredientes rigent et tremunt plurimum. Non sunt illi finitimae habìtationes, sed multae villae non admodum distantes. Aedificant ibidem capannas, vel trabaccas erigunt, et pluribus diebus balneum frequentant. Et ut dixi propter usum illius aquae multae steriles prolem conceperunt, quarum è numero fuit uxor meav. Data l'importanza ed il valore di questo bagno i consoli del mare di Pisa, i quali sovrintendevano anche ai più famosi Bagni di S. Giuliano, emanarono «Le Provvisioni del Consiglio dei Cento» che ancora si possono leggere in un codice di cartapecora, detto «Libro Giallo» esistente neIl archivio appartenuto ai Consoli del mare.
 
Questi regolamenti emanati nel 1473 così stabilivano: «Chi anderà a bagnarsi a detti bagni (S. Giuliano e Vicascio n.d.r.) sia tenuto a pagare soldi quattro per ciascuno, così da piè come da cavallo. E tutti gli uomini nella Potesteria di Calci e di quella di Librafatta da anni diciotto in sessanta debbono dare ogni anno due opere per ciascuno di loro per l’ acconcime di detti bagni, ad ogni richiesta di detti Consoli di mare che pei tempi saranno, intendendosi che i detti che daranno le dette due opere Fanno, siano liberi da detti soldi quattro per uomo volendosi bagnare». Come si osserva da queste Provvigioni, si dava molta importanza e rilevanza a questo nostro «Bagnetto» date le sue alte proprietà terapeutiche evidenziate anche dallo scienziato Antonio Cocchi nel suo «Trattato dei Bagni di Pisa» edito a Firenze nel 1750.
 
Sempre nel secolo diciottesimo anche il Targioni Tozzetti si sofferma sulle proprietà medicamentose di questa acqua che «sgorga da una fonte perenne, che gorgogliando scaturisce dal fondo fra due massi, facendo molte gallozzole d'aria».
E questo era quello che anche noi potevamo vedere fino ad alcuni decenni fa, quando ancora la siccità e gli indiscriminati pozzi non avevano fatto abbassare la falda freatica che era stata sempre mantenuta inalterata per decine di secoli.
Sperando che si possa riscoprire e rivalorizzare questo antico «Bagnetto» chiediamo alla Amministrazione calcesana di creare almeno una zona di rispetto abbastanza ampia intorno a questi ruderi, nell’ attesa che altri dopo di noi, riescano a far rinascere questo grande dono della natura che noi in pochi anni abbiamo cancellato. Le ultime persone che avevano creduto in questo «Bagnetto» ed erano riuscite ad impiantarvi anche una baracchina per merende e spuntini al prosciutto, furono agli inizi del secolo presente, Armani Italo e sua moglie Adele, per passare poi al più redditizio esercizio del bar La Torre, alla Pieve di Calci. Molti si chiederanno perché sia stata possibile una così assoluta dimenticanza di questo nostro patrimonio idrico e storico; la spiegazione è presto detta. Tutti gli storici che si sono occupati di storia pisana e del contado hanno sempre fatto confusione riguardo al nostro «BAGNETTO» collocandolo sempre nella frazione di Agnano e quindi nel Comune di S. Giuliano Terme. Così ha fatto anche lo storico Giuseppe Caciagli nella sua monumentale opera: «PISA E LA SUA PROVINCIA», sommando inesattezze su inesattezze. Scrive infatti il Caciagli a pag. 561 del suo libro, che il primo a sfruttare su scala industriale la sorgente acidula alcalina deIl’ acqua di Agnano, fu il Conte Francesco Alitata.
 
Tutto questo è vero per metà: fu si il Conte Alliata il primo a commerciare con imbottigliamento la famosa «acqua citola» come dicevamo noi, ma la sua sorgente si trovava tutta nel Comune di Calci. Dato che poi sorsero altri stabilimenti in tal senso, penso sia il caso di mettere un po' di chiarezza in questa questione di sorgenti e di confini. Venendo dalla Gabella, dopo il già ricordato ponte della Tana, si trovava alla sinistra della strada il famoso «Bagnetto», del quale abbiamo parlato sopra. Sempre sulla sinistra della strada, dopo alcune decine di metri, si trova la cosidetta «Buca del Bagnetto» sorgente di acqua acidula, ormai asciutta ma dalla quale molti hanno attinto acqua notte e giorno ininterrottamente.
Sul lato destro della strada proprio davanti alla «Buca del Bagnetto», vi era lo stabilimento del Conte Francesco Alliata, sempre in territorio calcesano. Oggi si può facilmente riconoscere perché l'immobile è stato ristrutturato e imbiancato di recente. Il tetto è nascosto da una terrazza con pilastri grigi sormontati da vasi di fiori in muratura dipinti di bianco come era in uso negli stabilimenti termali di fine secolo.
 
Anche la palazzina, attualmente di proprietà dell'ing. Mazzini, posta leggermente sopra a questa sorgente era proprietà Alliata, come dimostrano gli stemmi «ALLIATA E VAGLIENTI» che sono ai Iati della facciata. Altri stemmi Alliata (tre bande verticali) si trovano anche in Val di Vico, uno è sulla facciata della bella casa colonica, sopra il ponte della tana, attualmente di proprietà dell'Avv. Guardavaccaro ed un altro sulle spallette del ponticello al centro di Val di Vico.
Quest'acqua venne messa in commercio sotto l’etichetta:  «Acqua acidula gassosa della Valle di Vico», anche se propriamente Val di Vico si trova nella vallatella accanto sopra la Gabella. Dopo pochi anni gli AIIiata ebbero un tracollo economico e la Fattoria di Campo con i quattro poderi di Val di Vico e la Sorgente del Bagnetto andarono in proprietà al Sig. Edoardo Bruno, che aveva fatto fortuna con il celebre sciroppo «Pagliano». Dai Bruno intorno agli anni venti la Fattoria di Campo con i poderi di Val di Vico furono acquistati dai Conti VIMERCATl DI S. SEVERINO che li tennero fino quasi ai giorni nostri, poco prima che una indiscriminata speculazione edilizia avesse cambiato radicalmente volto a questa valle.
 
Ritornando alla nostra sorgente in questione questa fu tenuta dai Bruno fino al 1939, quando venne acquistata dalla figlia del Cav. OSCAR TOBLER, contessa ANNA TADINl-BUONINSEGNI. Riprendendo la descrizione della zona del Bagnetto con le varie sorgenti qui esistenti, troviamo sempre a destra della strada, subito dopo la sorgente ALLIATA lo stabilimento di acqua acidula alcalina denominato «Sorgente S. Francesco», che portava sulla facciata una grande scritta a caratteri cubitali: «ACQUA S. FRANCESCO - PROPRIETÀ MARCHESE ALFONSO SERLUPI D'ONGRAN». In origine questa proprietà con il podere detto di «MONTE DELL’OPERA» apparteneva agli SPINOLA DI GENOVA, pervenuta ai SERLUPI verso il 1860, avendo due sorelle SPINOLA sposato un SERLUPI. Dopo alcuni anni di abbandono i Fratelli REALI di S. Giovanni alla Vena rivalorizzarono questa sorgente dandole il nome di «ACQUA CORONA». Il confine del nostro Comune con quello di S. Giuliano Tenne, passa per questo stabilimento, ma non sappiamo precisamente dove sia il termine di divisione. Continuando la strada che porta ad Agnano, nel vecchio tracciato ormai dismesso ed inglobato nello stabilimento dell'Acqua Corona, si incontrava l'ultima sorgente di acqua acidula gassosa, sulla sinistra della strada, proprio di fronte al monte del «CAMPACCIO». Questa sorgente di chiamava «Bagnetto dello Sprofondo» e faceva parte della vasta tenuta di Agnano di proprietà dei CYBO MALASPINA, acquistata alla fine del secolo scorso dal Cav. Oscar Tobler. Fu questo grande imprenditore agricolo industriale che costruì lo stabilimento dell'acqua acidula di Agnano, la quale si impose subito sul mercato nazionale. Dagli Eredi Tobler venne acquistata dal Comm. Barucci di Firenze il quale, sfruttando la variante stradale che aveva interessato questa zona, costruì un nuovo e moderno stabilimento, abbandonando il vecchio e sorpassato impianto che si trovava proprio sopra l’antica sorgente, tutta in territorio comunale di S. Giuliano Terme. Spero di essere stato abbastanza esaudiente ed aver portato chiarezza in questa ingarbugliata «Zona di Confine», rivendicando al nostro Comune, quello che giustamente gli appartiene. Forse tempi migliori per clima e sensibilità ambientale potranno far rinascere queste antiche sorgenti.

lo lo spero vivamente, perché come dicevano i nostri vecchi, «LE POLLE SI SDEGNANO» alla stregua delle persone, degli animali e delle piante, quando non le curiamo ed amiamo abbastanza. Sta a tutti noi riavvicinarsi a loro con affetto, rispetto e competenza.
Giovanni Benvenuti
 
 
(1) II ponte detto della Tana, il cui nome ha designato anche un podere nella fattoria della tenuta Scorzi, deriva, come spiega anche lo stradario, da quella grande e capace caverna che si scorge dietro l'attuale cabina elettrica sulla destra subito dopo il suddetto ponte.
Questa grotta è molto grande, misura circa quaranta metri quadrati e forse, come per le grotte di Uliveto, rappresentò la prima abitazione per i popoli preistorici. Sarebbe interessante che la scuola archeologica toscana facesse alcuni saggi per reperire sulla stratificazione del terreno tracce di questi antichi popoli.
Nell' attesa e nella speranza che venga esaudito questo nostro desiderio ci auguriamo almeno che scavatrici e pale meccaniche non tolgano di mezzo questa antica «Tana».
(2) La Pertica era un'antica misura di lunghezza usata per misurare i terreni e che variava da città a città. A Pisa una pertica corrispondeva a m. 8,5 ed avendo fatto diversi riscontri in loco la misura corrisponde perfettamente e sarà utile anche in seguito per ripercorrere e capire l'antico stradario di Calci.
Un Braccio invece corrispondeva a mezzo metro circa.